Maratona di Carpi
Sembra quasi ieri che è cominciata quest’avventura della corsa e in quasi due anni il tarlo delle lunghe distanze ha preso piede, talmente tanto che tra maratone e trail gli appuntamenti non sono mancanti concludendo domenica la mia 7^ maratona. Da tempo ormai i giovedì sera al Ramo la domanda di rito era: “vieni anche tu a Venezia?”… e tutti rimanevano sorpresi, conoscendo la mia ingordigia nel non mancare agli appuntamenti 5 cascine, quando rispondevo: “sì vengo, ma come turista…”. Il motivo era semplice. Quest’estate nello scorrere il calendario delle maratone italiane, più volte era caduto l’occhio sulla maratona di Carpi. L’idea di Agostino era di sfruttare i 33 km messi in gara dall’organizzazione per poter fare il lungo pre-Venezia, ma a me piaceva di più l’idea di correrla tutta. ‘Perché fermarsi a 33 quando già hai fatto la fatica più grande ed il traguardo è poco più in là?’…e poi la scelta: “Carpi o Venezia?”. Farle entrambe sarebbe stato bello, ma troppo vicine per finirle bene. Forse perché Carpi mi dava l’idea di una maratona piccola, cittadina, senza sfarzi e paroloni, a portata di tutti (come piace a me) che mi affascinava tanto. Il via alla preparazione è partito quest’estate, in quella che ormai io chiamo la stagione dei trail e alla quale credo di dover attribuire la mia ritrovata forma fisica, nonché il benessere generale della mia nuova corsa. Due mondi apparentemente diversi quello della corsa in natura e quello della corsa su asfalto, dove l’uno aiuta l’altro; ma simili per l’orgoglio, la costanza nello sforzo, l’allenamento della mente sul corpo che ognuno di noi ne può trarre, senza tralasciare le lezioni che ogni podista riceve da queste entusiasmanti lunghe corse. È così che le salite del Trincea trail, del Devero e di Curiglia si sono trasformate nella mia palestra naturale donandomi la mia fortunata possibilità di non smettere di correre le lunghe distanze ed al tempo stesso di beneficiare del terreno morbido delle montagne, affrontando le salite con il mio passo; perché si sa che la regola generale del trail è corsa in autosufficienza e autogestita che si traduce in: ‘passo libero, l’importante è arrivare sani e salvi’. E se d’estate c’è toccato combattere contro il caldo torrido, anticipando le uscite alle 5 del mattino e ricercando i primi lunghi nelle poche lontane tapasciate della Brianza, il mese di settembre con il brusco cambio di clima e di temperatura ha inficiato alcune uscite al punto che la Stralugano sembrava già un obiettivo troppo ambizioso. Di certo non mi aspettavo di chiudere i 30 km di Lugano sotto le 3 ore ed il fatto di esserci riuscita in poco più di 2h e 50’ è stata la premessa per Carpi.
Il venerdì sera correre sotto l’acqua la mia ultima uscita pre-maratona è stato più un piacere e non sapevo se attribuire il clima rilassato che avevo addosso alla mia spensierata consapevolezza che oramai mancava solo un giorno allo sparo. Iniziavo a preoccuparmi del sentirmi così calma, ma non avevo considerato che è il ritiro dei pettorali che marca l’ingresso verso e proprio nell’euforia della maratona. L’adrenalina è arrivata al sabato, arrivati a Carpi, quando ci siamo trovati nella Piazza Re Astolfo, meta d’arrivo della 42km. Era già tutto pronto dai gonfiabili alle telecamere, dalle postazioni di servizio alle schiere di volontari e per finire le transenne che portavano dritto davanti al Duomo preannunciavano uno degli arrivi più spettacolari, ma non solo. Agostino ha esordito dicendo: “quasi ti invidio che domani tu arrivi qui, sarà bellissimo. Inizierai a vedere l’arrivo almeno a 700 mt, pensa che bello con la gente che applaude”. Ed io mi sono ritrovata a pensare che per la prima volta avrei corso su asfalto più km del mio maritino. Finora era successo solo nei trail di correre un’impresa mentre lui rimaneva ad aspettarmi e questa volta suggellarne una anche su asfalto, dove lui è forte, è stata più che una scommessa. Il villaggio maratona non era molto grande e a far la coda per i pettorali eravamo davvero pochi, soprattutto per la maratona. Orgogliosa di essere nella coda a fianco di Agostino, ritiro il pacco gara e lui mi toglie le parole di bocca dicendo: “dì la verità che vorresti dire a quelli della 33 km che sono mezze seghe…caspita ma sono anche io per la 33!!”. Abbiamo riso un po’ per questo insolito “cambio” di posto, pensando poi che a Venezia sarà lui a correre mentre io starò semplicemente a guardare. Nel pacco gara la cosa più bella era il pettorale, con tanto di nome stampato, ma la cosa più importante era la maglietta di cotone, in sostituzione alle classiche maglie tecniche. Un pacco gara “magro”, ma non a caso visto che l’unico gadget presente porta il peso del terremoto dell’Emilia che purtroppo ha lasciato il segno tangibile nei paesi colpiti dalle scosse. Per fortuna l’organizzazione ha devoluto una parte del ricavato alla ricostruzione ed erano molte le società di volontariato che si sono date da fare per la riuscita di questa Maratona. Siamo rimasti colpiti dai segni del terremoti, di cui io personalmente mi ero quasi dimenticata e mi ha sorpresa la bellezza di Carpi nonostante la maggior parte degli edifici storici fosse puntellata e sostenuta dalle impalcature: come se il terremoto abbia lasciato il segno ma la bellezza e la forza d’animo dell’Emilia hanno avuto la meglio!
Il sabato sera facciamo il carico di energia e non è difficile intuire che non siamo gli unici: zainetti e scarpette da running si affollano nei locali di Carpi, con i camerieri che non capiscono se la pizza sia l’antipasto od il secondo dopo la pasta. Dopo il rifornimento ci incamminiamo verso Modena, dove avremmo alloggiato, e anche qui i segni del terremoto sono riconoscibili… Non abbiamo mai preso in considerazione l’eventualità che potessero esserci delle scosse e solo in albergo ho avuto il pensiero che in questa maratona oltre alla pioggia avremmo dovuto scongiurare altre sorprese. Data la sveglia infelice che ci avrebbe attesi, preparo tutto minuziosamente la sera senza avere dubbi sul vestiario: pantaloncini e canotta 5 cascine! Di notte si riposa male, le macchine in strada passano senza sosta ed io non faccio altro che pensare che dovrò correre 42 km e ancora non me ne rendo conto. Alle 5 e 50 ecco che suona la sveglia ed in men che non si dica siamo pronti per tornare a Carpi e prendere le navette che ci avrebbero portato a Maranello, partenza della maratona. Sull’autobus eravamo tutti un po’ assonnati, fuori c’era un po’ di nebbiolina ed io speravo tanto che quei 3° C sarebbero presto saliti un po’. A Maranello non è stato difficile intuire che avremmo avuto il privilegio di “visitare” la città della Ferrari e quei rombi di motori nell’aria forse ha fatto girare a mille i nostri cuori, preparandoci con furore a far scatenare i motori delle nostre gambe. Alla ricerca di un posto caldo per scaldarci abbiamo deciso di fare come tanti: entrare nel museo Ferrari. È stato ironico vedere come nessuno si era posto il problema, ma tutti senza pudore abbiamo sfoggiato le nostre divise e riempito l’aria di creme canforate. Ad un certo punto un ragazzo della security avvisa: ”siamo felici di ospitarvi qui, ma non è possibile cambiarsi all’interno del museo”…ops, avevo appena aperto la bustina di polase e nel rovesciarla nella bottiglietta d’acqua avevo disperso alcune bricioline sul pavimento (spero non se la siano presa tanto a male). Dopo la foto con Schumi (gigantografia ovviamente) ci avviamo fuori per lo start. Un po’ di sano riscaldamento e poi in griglia l’adrenalina sale. Mi rivolgo al mio maritino e gli chiedo: “ma tu non senti l’adrenalina?” e lui risponde: “per me è un allenamento…non sono teso”. È lì che ho realizzato che stavo facendo qualcosa di speciale. Mancava poco ed Agostino mi fa una raccomandazione: ”questa volta non hai scuse, il percorso è perfetto per fare il personale. Prendi i pace e non mollarli mai, costi quel che costi…non ci sono scuse…”. È vero il tracciato è in piano con tratti di leggera discesa e solo 3 cavalcavia in croce…si può fare! Allo sparo saluto Agostino, ripromettendomi di non deluderlo e pronti si parte. Questa volta sono dietro ai pace, per cui giocherò una strategia molto diversa dal solito: andarli a prendere e non mollarli. Di solito è sempre accaduto il contrario, rimanendo delusa quando poi mi superavano. Questa volta però non volevo che accadesse di nuovo.
Nonostante l’ingorgo iniziale, la media dei 5 e 20 a chilometro mi permette di riprendere nel giro di 5 km i palloncini delle 4 ore. Sono quelli arancioni e sono 2 runners con accento toscano. In men che non si dica arriviamo all’8° km e quasi mi sembrava di non far fatica. Al 10° km ci raggiunge un runner con tanto di piume addosso per sembrare un indiano e la particolarità era che spingeva un passeggino con il suo bimbo sopra che dormiva. Le battute possiamo immaginarle, ma è stato bello quando al passaggio in una piazza ha detto: “applaudite piano che sennò si sveglia il piccolo e poi vuole da mangiare…poi se fa la cacca sono almeno 10 minuti di sosta”. Questi momenti di leggerezza sono quelli che adoro in maratona. Il bello è stato quando questo si è staccato ed è andato avanti, ma qualcuno lo ricordava bene: era il pace maker delle 3 ore e 45 di Torino l’anno scorso, riconosciuto da qualcuno del gruppo perché è partito molto forte e poi è scoppiato facendo scoppiare anche chi lo seguiva…Ragazzi che state preparando Venezia, tenete presente che questo runner ci sarà ancora come pace e tenterà le 3 e 45…occhio a seguirlo, perché a Carpi lo abbiamo visto arrancare al 25° e dava la colpa al bimbo che si era svegliato!! Scherzi a parte l’umore nel gruppo era buono, la giornata di sole stupenda ed il passaggio nelle piazze con la musica era da brivido, specialmente nei pressi di Modena. Sotto le note di Andrea Bocelli senza accorgercene eravamo al 15° ed i pace incitavano le persone ferme a guardare dicendo: “applaudite perché stiamo correndo per voi, per l’Emilia ed i terremotati”. Era difficile non farsi prendere dalla foga, ancor di più arrivati a Modena dove il centro storico in pavè questa volta è stato clemente, perché a me bastava il bagno di folla per non pensare alle gambe. Il 19° km a Modena ci ha riservato il privilegio di passare all’interno dell’Accademia Militare, dove schiere di allievi ci hanno applauditi commossi sotto il suono della banda musicale e poi subito dopo è stato emozionante prendere per mano chi doveva arrivare alla mezza e fargli tagliare il traguardo sotto le 2 ore. La carica c’era ed io per la prima volta mi sono sentita piena di energie nel cuore della gara, o forse erano complici anche gli integratori che sono riuscita a mettere nel capiente taschino dei pantaloncini 5 cascine?!? Dopo la mezza il passaggio nelle campagne ci ha fatto correre contro vento ma a me poco importava, perché questa volta (a differenza della Bavisela) tenevo il gruppo. Al 25° km ho accusato un po’ di stanchezza, ma mi sono imposta di arrivare almeno al traguardo dei 33 con i pace delle 4 ore (almeno non avrei deluso Agostino) dicendomi: “Serena, in allenamento hai corso da sola per 28 km tutto il giro del lago di Varese senza nessuna spalla, non puoi mollare ora!”; e non ho mollato. Passavano i km e Soliera era sempre più vicina, per cui chi aveva il pettorale azzurro dei 33 cantava già vittoria, dato che loro erano già arrivati. Passo sotto il traguardo di Soliera e saluto chi si ferma con soddisfazione, incrociando lo sguardo di chi ammirato mi fa i complimenti e mi incoraggia a proseguire. Nella folla cerco anche Agostino, ma non lo vedo (come prevedevo era già in viaggio sulla navetta per Carpi).. A me sembrava di aver volato fino a quel momento ed il pensiero che mancavano “solo” 9 km mi ha incoraggiato ancor di più perché ero in media perfetta. Era bello risalire sul percorso, riprendere chi era partito troppo forte e sentire i palloncini ancora a fianco a me. Cerco di tirare qualche km per fare il personale e riesco a stare avanti fino al 38° km, alle porte di Carpi. Lì ho avuto una specie di nodo in gola perché sapevo che ero sotto le 4 e non volevo perdere, ma le gambe erano stanche. Guardo i pace che poco si staccano ma sono a 100 mt da me. Guardo il garmin e sono ancora in linea. Al 40° km una serpentina mette un po’ di malumore ma poi prendo una podista incavolata perché lei è fuori dai suoi soliti tempi e vuol gettare via il pettorale dicendo: “io con questo cavolo di tempo non la chiudo la maratona, non è da me”…mi ha fatto pensare a tutte le volte che ho fallito il personale e se per lei chiudere in 4 ore poteva essere un sacrilegio, per me era invece il mio sogno. Il 41° km sembrava un miraggio e mi sono accorta all’ultimo momento, quando ho girato l’ultima curva, che come aveva detto Agostino ho iniziato a vedere l’arrivo da lontano. Sembrava davvero irreale, soprattutto il fatto che tutti mi dicevano “brava!!”. Quando ho sentito la voce di Agostino, che ha fatto di tutto per essere lì all’arrivo, pensavo che fosse un po’ deluso perchè i pace erano poco avanti a me, ma in realtà mi ha detto che ero stata brava. 4h e 01’ il tempo ufficiale, 3 h 59’ e 30” il real time: sotto le 4 ore finalmente! Una giornata così è davvero una bellissima giornata! Ed allora ripenso a tutte le piccole cose che hanno contribuito a questo successo: le corse in montagna, che come diceva Paolo Q. mi avrebbero aiutata per le maratone, le uscite al mattino, i giri sul lago di Varese e non ultimo la staffetta “corripertommaso” che mi ha spronata a fare le ripetute in pista. La sera a casa ho scoperto di essere arrivata 4^ di categoria e 39^ delle donne: un risultato così proprio non me lo aspettavo così come è stato bellissimo in questi giorni ricevere i complimenti da parte di tutti voi 5 cascinini. Chiedo scusa per la lunghezza dell’articolo, ma come si fa a riassumere 42 km di corsa? Forse perché mi piace raccontare anche il “dietro” della corsa e non solo di tempi e medaglie, forse perché nella corsa penso come tutti ad arrivare al traguardo, portandomi dietro schiere di ore di allenamento, fughe dallo stress e pensieri neri, ore di intenso sudore e di soddisfazioni.
Ma adesso però tocca a voi altri far risuonare per Venezia le scarpette di Cislago e far trionfare i colori delle nostre magliette sulla laguna. Forza ragazzi!
Grazie a tutti,
Serena